27 GENNAIO
(seconda parte)

Nel pomeriggio siamo tornati alle necropoli tebane per la visita del tempio di Hatshepsut. E' una delle più alte realizzazioni dell'architettura egizia. Subito dopo essere scesi dal pullman, siamo rimasti colpiti e affascinati dalla meravigliosa collocazione scenografica del tempio sormontato da imponenti pareti rocciose e dall'essenzialità delle sue linee che testimoniano un gusto sorprendentemente moderno. Il tempio è eretto in onore della regina Hatshepsut e del padre Thutmosis I. Facendo costruire la sua cappella vicina a quella del precedente faraone, la regina legittimava così i suoi diritti al trono. Infatti fu la prima donna ad avere il titolo di faraone ed ad esercitarne pienamente i poteri.

L'entrata del tempio è costituita da due terraze degradanti collegate da rampe in salita. Della prima terrazza rimane unicamente il portico finale che è formato da 11 colonne a sinistra ed altrettante a destra della salita che porta alla seconda terrazza.



Anche quest'ultima è stilisticamente identica alla prima ma presenta delle pregevoli decorazioni sotto il portico con splendidi colori originali (vedi foto). L'immagine della regina è riportata sempre con fattezze maschili, ad esempio è raffigurata a torso nudo senza seno e porta, come tutti i faraoni, la barba posticcia come simbolo di potere. A sinistra del portico si trova la cappella dedicata ad Anubis (dio cane) e a destra quella dedicata alla dea Hathor caratterizzata da colonne con capitelli hathorici.



Le escursioni pomeridiane sono proseguite con la visita di una tomba nella Valle delle Regine. Questa zona è collocata circa 1500 metri a sud-ovest della Valle dei Re, trae il nome dalla destinazione a necropoli probabilmente riservata alle regine, in prevalenza della XIX e XX dinastia, sebbene vi abbiano trovato sepoltura anche principi deceduti in età infantile. Noi abbiano visitato proprio la tomba del principe Amor-her-khopeshef figlio di Ramses III. Notevole è l'intensità dei colori delle decorazioni che si sono quasi perfettamente conservate.

Sulla via del ritorno ci siamo fermati in un piccolo villaggio che ci ha colpito per il numero elevato di case dipinte con le raffigurazioni del viaggio alla Mecca compiuto dai proprietari, simbolo inequivocabile di un certo benessere. Il villaggio infatti è piuttosto noto per la produzione artigianale di oggetti in alabastro. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito acquistando una ciotola nella fabbrica Nefertari (vedi foto). Nella contrattazione ci siamo arresi troppo presto perchè l'egiziano probabilmente mosso da "pietà" ci ha regalato un uovo in alabastro.



L'ultima sosta per oggi è stata ai Colossi di Memnone.Le due colossali statue molto deteriorate sono le ultime vestigia del grande tempio funerario di Amenophi III, furono intagliate da due monoliti di quarzite e rappresentano entrambe il re. Nel 27 a.c. un terremoto aprì nel colosso nord una lunga fenditura che determinò un fenomeno, in base al quale la statua all'alba, quando la pietra cominciava ad asciugarsi dall'umidità della notte, emetteva un suono simile alla vibrazione di una corda di chitarra. E' per questo che i greci identificarono il colosso nel dio Memnone ritenendo che salutasse in quel modo sua madre Aurora. Quindi per esattezza si dovrebbe chiamare Memnone solo il colosso nord perchè l'altro non poté mai cantare.



Tornati sulla nave ci siamo "abbuffati" a cena con tè caldo (Paolo) per il mal di stomaco e riso scondito (Cristina) per i postumi della maledizione della dea Rea.