22 GENNAIO
(seconda parte)

L'itinerario di oggi pomeriggio ci ha portati nel cuore della cultura araba, con le moschee, i minareti, le cupole, le botteghe stipate nei vicoli, i bazar del Cairo. La metropoli ha circa 13 - 14 milioni di abitanti in una superficie di 1200 - 1300 km2 (inferiore a quella del territorio comunale di Roma) con uno sviluppo urbanistico caotico. A fianco di grandi arterie stradali si trovano tantissimi viottoli non asfaltati, senza rete fognaria; analogamente, coesistono zone con grandi e moderni palazzi e zone con casupole accatastate le une alle altre in ambienti veramente miseri e sporchi. Questo, sommariamente, è quello che abbiamo potuto osservare nei fugaci spostamenti in pullman o in taxi. E' normale che nei viaggi organizzati questi aspetti non siano sottolineati, ciò naturalmente non favorisce una reale conoscenza dei luoghi, che d'altra parte, non sarebbe stata comunque molto approfondita nel breve tempo di questa vacanza.

Siamo passati col pullman anche lungo i confini della cosiddetta "città dei morti" che si estende su un vasto territorio con piccole case, cupole e minareti che a noi europei non dà assolutamente l'idea di un cimitero. Essa rappresenta la diretta eredità delle necropoli faraoniche e dimostra l'alto grado di culto per i morti che gli egiziani hanno conservato anche dopo l'islamizzazione. La "città dei morti" è formata da vere e proprie abitazioni per i defunti delle famiglie più ricche che permettevano, nei giorni di festa, a parenti e amici di "coabitare" per ore o giorni con i propri morti. Quasi abbandonata da circa un secolo, è tornata a vivere a causa dei gravi problemi sociali del paese: molti diseredati in cerca di alloggio si sono quì sistemati insieme a profughi e fuggiaschi, creando un' umanità confusa che sfugge al controllo delle autorità. Amr ci ha detto che la popolazione all'interno della "città dei morti" dovrebbe aggirarsi su uno o due milioni anche se ovviamente non è censita ufficialmente.

La grande maggioranza degli egiziani (circa il 90%) sono di religione musulmana e quasi tutti sono sunniti. Le principali costruzioni del culto islamico sono la moschea e la madrasa. Quest'ultima è una sorta di collegio, in cui gli studenti approfondiscono gli studi religiosi. Per prima abbiamo visitato la madrasa di Hasan che è considerata uno dei massimi capolavori dell'architettura araba; fu costruita tra il 1356 e il 1362 sotto il sultano Hasan VII. Esternamente è dominata da una cupola di 55 metri e da un minareto di 86 metri che è il più alto del Cairo. La struttura interna è complessa: consta di 4 collegi che si sviluppano attorno alla moschea propriamente detta, da noi visitata. Quest'ultima è di forma cruciforme: è costituita da tre "Ivan" (grandi sale chiuse su tre lati), da un "Sahn" o cortile centrale e da una sala di preghiera. Al centro del cortile c'è la fontana ottagonale che serve per le abluzioni dei fedeli. In quanto essi, prima di pregare, devono purificarsi, lavandosi il volto, le mani e i piedi. I Musulmani pregano 5 volte al giorno, il segnale viene dato dal Muezzin che canta dall'alto del minareto. Il rito non necessariamente deve svolgersi nella moschea ma i fedeli possono inginocchiarsi con la testa rivolta alla Mecca e pregare, dovunque si trovino, al lavoro o per strada. La sala di preghiera contiene al centro una vasta "Dikka" (palco per il direttore delle preghiere) sorretta da colonne di marmo. Sul fondo a destra c'è il "Minbar" che è una sorta di pulpito dal quale l' "Imam" (il capo supremo della comunità dei credenti) pronuncia la predica del venerdì; al centro il "Mihrab", la nicchia rivolta a la Mecca e a sinistra si trova una cancellata che conduce alla sala in cui c'è la tomba di Hasan posta sotto la grande cupola. Da un'inferriata si gode una vista molto bella sulla cittadella del Saladino, dominata dalla moschea di Mohammad Alì, nostra prossima tappa.

La cittadella fatta costruire dal Saladino, iniziata nel 1176 e finita nel 1207, è composta da tre parti distinte, ognuna circondata da mura e con torri merlate. Oltre alle costruzioni militari, ospita moschee e due pozzi di cui il più noto è quello di San Giuseppe. Fra le moschee la più imponente e spettacolare è la moschea di Mohammad Alì costruita fra il 1824 e il 1848 nello stile turco delle moschee di Istanbul. E' detta anche "la moschea di Alabastro" per il materiale utilizzato nel rivestimento. Il cortile porticato presenta al centro una fontana per le abluzioni e ha una piccola torre quadrata con orologio. Quest'ultimo, ci ha raccontato Amr, è stato donato dallo stato francese e in cambio Mohammad Alì diede a Luigi Filippo l'obelisco gemello del tempio di Luxor che oggi si trova in Place de la Concorde a Parigi. Gli egiziani non hanno apprezzato molto lo scambio anche perchè l'orologio non ha mai funzionato bene. Esternamente è sormontata da una grande cupola fiancheggiata da 4 semicupole. L'interno delle moschee è spoglio di qualsiasi figurazione umana e divina a causa di un espresso divieto della religione musulmana; questo ha portato gli artisti a sviluppare temi decorativi geometrici e varie forme di calligrafia molto arabescata per riportare sulle pareti i versetti del Corano. Queste scritture sono talmente elaborate che solo specialisti riescono a leggerle. Anche la moschea di Alabastro si attiene a questi canoni, in più è arricchita da coloratissime vetrate e immensi lampadari. Al suo interno è presente oltre alla tomba di Mohammad Alì anche la "porta del Paradiso": un passaggio sotto il pulpito. Anche noi lo abbiamo attraversato in quanto, secondo la tradizione, porta fortuna. Dalla terrazza-giardino sul retro della moschea si domina un vasto panorama della città e dei dintorni anche se sotto il parapetto, purtroppo, si trova una discarica di rifiuti.

All'imbrunire abbiamo visitato il famoso bazar di Khan el-Khalili che risale al 1292. Il Bazar di Khan el-Khalili ha conservato la sua struttura originaria: al centro si erge ancora un bel portale, installato nel 1511. Il mercato si trova immerso in un quartiere tipicamente arabo, dai vicoli, infatti, si notano numerosi minareti. Purtroppo però ai prodotti artigianali si sono sostituiti vari articoli per uso esclusivamente turistico, tranne poche eccezioni. Rimane comunque un ambiente affascinante per l'intricato sistema di viuzze e i piccoli negozietti stracarichi di aromi e di colori. Passeggiando per il mercato gli occhi sono attirati da mille curiosità che quasi traboccano dai banchetti; una folla variopinta si accalca e ti spinge; nei vicoli sterrati e sporchi transitano carretti trainati da asini, auto e camioncini scassati che strombazzano incuranti della gente. Frastornati dal caos generale, mentre calava velocemente l'oscurità ci siamo resi conto che avevamo qualche difficoltà a ritrovare il luogo dell'appuntamento. Dopo alcuni tentativi infruttuosi che stavano alzando il livello dell'ansia a noi e ai membri del gruppetto con cui eravamo (tranne a Carlo che continuava imperterrito a trattare con i mercanti, nonostante le esortazioni della moglie Claudia) finalmente abbiamo imbroccato la strada giusta. Altri sono stati meno fortunati come i tre ragazzi di Lucca che sono dovuti rientrare all'albergo in taxi.

Alla fine del secondo giorno, da bravi italiani, presi già da nostalgia per la nostra cucina, abbiamo mangiato una pizza quattro stagioni al ristorante "La Mamma" dell'hotel Sheraton. La pizza era buonissima perchè i cuochi sono napoletani.