24 GENNAIO
(seconda parte)
Il viaggio in pullman attraverso il deserto è stato bellissimo. Da ogni parte fino all'orizzonte domina una distesa di sabbia giallo-arancio, interrotta solo da montagne di roccia nerastra o rossastra, la maggior parte delle quali di forma piramidale. Questo paesaggio infonde un senso di serenità e libertà probabilmente assai simile a quello che può suscitare la vista del giardino di roccia e sabbia del tempio Zen Ryoanji di Kyoto. E' difficile in realtà descrivere le sensazioni che abbiamo provato, certo è che nonostante la stanchezza, accumulata in questi ultimi giorni, non siamo mai riusciti a distogliere lo sguardo da quella distesa apparentemente monotona ma così maledettamente affascinante.

 

Come ogni buon deserto che si rispetti anche quello di Abu Simbel ha i miraggi. Anche noi abbiamo avuto la fortuna di vederne uno: era come se piano piano un lago si formasse dinanzi ai nostri occhi, riempiendo l'orizzonte. Qualcuno del gruppo ha perfino chiesto alla guida come si chiamasse....con somma ilarità di quest'ultima. L'illusione era dovuta oltre che dal colore azzurrino anche da quelle che sembravano leggere increspature dell'acqua provocate dal tremolio dell'aria mossa dal calore del suolo. Ma la cosa più sbalorditiva era che le montagne all'orizzonte si specchiavano nel lago, rendendo ancora più completa la veridicità della scena. Il miraggio è durato parecchi minuti, c'era ancora quando abbiamo visto in lontananza una carovana di cammelli: la realtà si è sovrapposta all'illusione dandoci così la sensazione che i cammelli camminassero sull'acqua. Tutto il gruppo era molto eccitato così la guida ha fatto fermare il pullman per permetterci di scendere per fare fotografie. Il contatto diretto con la sabbia è stato molto bello e ci siamo resi conto che mentre dal pullman sembrava impalpabile, era nella realtà formata da granelli in gran parte grossolani. Anche noi da bravi turisti a caccia di souvenir ne abbiamo raccolta un po' in un sacchetto. Vi lascio immaginare la faccia dell'autista del pullman quando siamo risaliti a bordo con i nostri "trofei".



Alle ore 13.15 siamo arrivati, oltrepassando la diga vecchia del Nilo e scorgendo sulla destra il tempio di Philae, ad Aswan. Abbiamo preso alloggio sulla "Queen Nabila III". E' una nave di grandi dimensioni a 4 piani, destinata a contenere parecchie persone, varata nell'ottobre 1989. Fortunatamente in questo periodo è poco affollata. La nostra cabina, al secondo piano, è molto spaziosa e ha una grande finestra. La vista è stupenda. Il Nilo, qui ad Aswan si allarga assumendo l'aspetto quasi di un lago. Al centro si adagia l'isola Elefantinna con i suoi giardini e palmizi, purtroppo rovinata dall'imponente mole di un hotel; poco più in là c'è l'isola Kitchener sede del giardino botanico.

Dopo aver mangiato per la prima volta sulla nave, nel ristorante al 4° piano, siamo ripartiti per un'escursione in feluca (tipica imbarcazione a vela) sul Nilo diretti all'isola Kitchener sopra menzionata. L'isola ha preso il nome da un generale inglese, ma oggi viene più comunemente chiamata "Isola degli alberi"in quanto sede del giardino botanico che raccoglie numerosissimi tipi di essenze tropicali asiatiche e africane. Tante varietà botaniche attecchiscono e crescono facilmente grazie al clima particolarmente favorevole di Aswan che è una delle più rinomate stazioni climatiche egiziane. Passeggiando sull'isola s'incontrano specie a noi note come piante di appartamento ma che qui raggiungono le dimensioni di alberi: ficus elastica, fatsedera, stella di Natale, ecc... E naturalmente sono tanti gli "incontri" nuovi: dalle palme imperiali con i tronchi che sembrano altissime colonne bianche, al solitario e secolare sicomoro (vedi foto).

L'isola si presta a straordinarie scenografie: sulle rive adorne di bouganvillee fiorite passeggiano i bianchi ibis e sullo sfondo scorre il calmo Nilo sul quale si stagliano le alte, candide vele delle feluche. Dopo la visita al giardino botanico il gruppo si è diviso: una parte diretta verso la città di Aswan per visitare il mercato e l'altra diretta a un villaggio nubiano. Noi eravamo tra quest'ultimi. Il viaggio in feluca è durato più di un'ora ma non ci siamo annoiati perchè il ragazzo nubiano che manovrava la feluca era molto simpatico e a un certo punto ha tirato fuori dalla stiva un tamburello e si è messo a cantare invitandoci a fare altrettanto. Ci chiamava "Maradona-maccarona", forse convinto che Maradona fosse italiano, e ci ha detto, ridendo, che mangiava maccheroni anche lui. Era quasi buio quando siamo giunti al villaggio che è formato da abitazioni fatte di mattoni di fango essiccati al sole, con alcuni ambienti sprovvisti di tetto data la quasi totale assenza di precipitazioni. Il nostro "capitano" ci ha ospitato nella sua casa e ci ha guidato nei vari ambienti. Il soggiorno, nel quale abbiamo sorseggiato l'immancabile karkadè, era pieno di oggetti da vendere, la cucina annerita dal fumo conteneva anche il forno per il pane e poco distante c'era il pollaio. Tutti gli ambienti (pollaio compreso) sono collegati fra loro da un cortile senza tetto. Entrati in una stanza in cui un vecchio stava guardando la televisione e colpiti dalla presenza di questo elettrodomestico, volevamo fotografare la scena, ma il vecchio ci ha fatto segno che voleva essere pagato, allora siamo immediatamente usciti. Il nostro amico nubiano, con soddisfazione, ci ha fatto vedere una cassapanca nella quale erano contenuti diversi sacchetti di maccheroni e si è divertito moltissimo vedendo il nostro stupore. Il sole era già tramontato quando ci siamo avviati alla nostra feluca dopo questo piccolo contatto con i nubiani.

I nubiani pur essendo cittadini egiziani sono di un'etnia diversa da quelli di origine araba che sono la maggioranza. Essi presentano caratteri fisici negroidi e sono concentrati nella zona di Aswan e Abu Simbel cioè nel territorio al confine con il Sudan. A causa della costruzione della grande diga sono stati costretti ad abbandonare i loro villaggi che sarebbero stati completamente sommersi dalle acque. Per risarcimento il governo egiziano fece edificare delle case ad Aswan ma i nubiani le rifiutarono e si costruirono dei nuovi villaggi sulla riva opposta alla città, gelosi di custodire le loro tradizioni e il loro modo di vivere semplice (maccheroni a parte !). Sicuramente con l'esperienza che abbiamo oggi di interi popoli sradicati dalla loro cultura, quella scelta di venti anni fa appare saggia. I nubiani che sono sempre stati ottimi navigatori hanno sfruttato questa loro qualità per trasportare i turisti in feluca e in questo modo hanno saputo armonizzare le loro tradizioni con la realtà turistica odierna. Questo attaccamento alle radici presenta per noi turisti qualche lato negativo... infatti durante il viaggio di ritorno il vento è calato e siamo stati costretti ad avvicendarci ai remi se volevamo arrivare alla nave in tempo utile per la cena.

Dopo aver mangiato, per coronare questo giorno "pieno", insieme ad altri del gruppo abbiamo visitato il mercato di Aswan che ci era stato consigliato da Sandra. Infatti è la cosa più interessante della città e oltre ad essere gremito di bancarelle stracariche di ogni genere di mercanzia è famoso per le spezie multicolori, per i profumi e soprattutto per i fiori di ibisco essiccati del Sudan e dell'Alto Egitto con i quali si ottiene lo squisito karkadè. Aiutati nella contrattazione da una nostra concittadina del gruppo abbiamo acquistato del karkadè, delle boccette di essenze, un pacchetto di hennè, un pigiama fucsia e un vestito blu di cotone.