INTRODUZIONE

BREVE STORIA EVOLUTIVA DEL GATTO

IL GATTO SIMBOLO DI AMORE E FERTILITA'

IL GATTO SIMBOLO DI LIBERTA'

IL GATTO COME MODELLO DI VITA

IL GATTO PORTAFORTUNA

IL GATTO NERO PORTAFORTUNA


Introduzione

Fin dai tempi più remoti si riconosce agli animali uno spirito, un'anima che può avere valenza positiva o negativa. In tutte le mitologie del mondo a fianco degli astri, degli dei e degli uomini ci sono gli animali. Gli animali spesso erano considerati reincarnazione degli dei e venivano venerati attraverso i totem. I totem rappresentano il rapporto di parentela, affinità o dipendenza fra uomo e animale.

Il totem spesso determina dei divieti alimentari nei confronti dell'animale protettore e a questo riguardo ci sono sempre stati, nelle varie civiltà, dei comportamenti particolari. Alcune popolazioni si scusano dopo aver cacciato e consumato un'animale mentre in altre astenersi dal mangiare carne è considerato come un rito di purificazione. In molte società in Africa e nelle Americhe il cacciatore primitivo sapeva di doversi scusare presso gli animali che stava per uccidere allo scopo di cibarsi, per poter poi sopravvivere. Uccidere un animale inutilmente era considerato un presagio di sfortuna. (Pont-Humbert).

Il gatto era adorato in Egitto (dea Bastet) e considerato sacro e inviolabile in India (dea Sasti). In Arabia i gatti sono sacri fin dal VI° secolo e sappiamo che Maometto amava i gatti, in particolare la sua Muezza e sembra, inoltre, che i Templari abbiano portato in occidente il certosino perchè rimasti affascinati. Etruschi, Romani e Greci apprezzavano il gatto per la sua dote di abile cacciatore di topi e non solo. In generale, prima della caccia alle streghe nel Medioevo, il gatto era utilizzato e benvoluto da tutti i popoli.

Quasi tutte le culture possono vantare dei gatti archetipo, profani e mistici allo stesso tempo ma sicuramente positivi a differenza degli archetipi più conosciuti a livello popolare che parlano di demonio, sfortuna, tenebre. Il gatto archetipo è un animale quasi soprannaturale e l'uomo fin dall'antichità ha osservato i gatti per ricevere una sorta di guida spirituale. (Hausman).

Adesso in piena civiltà evoluta, ci sono degli esseri umani (chiamarli persone mi sembra eccessivo) che fanno del male volontariamente ai gatti neri investendoli con l'auto o, peggio, torturandoli. Spero che i primitivi avessero ragione e che a questa gentaglia gli possa capitare tutto il male peggiore!


Breve storia evolutiva del gatto

Il primo antenato del gatto risale a 60 milioni di anni fa e apparteneva al gruppo dei carnivori Miacidi da cui discendono tutti i mammiferi predatori. Circa 40 milioni di anni fa nascono i Felidi e poi dopo altri 20 milioni di anni di evoluzione, il Pseudaelurus, un felino di aspetto linciforme con scapole flessibili che si muoveva sulla punta delle zampe.
L'antenato diretto del nostro gatto è il Felis Sylvestris che comparve circa 7 milioni di anni fa. Una sottospecie del Sylvestris, il Lybica cioè il gatto selvatico africano sembra che sia il progenitore del gatto domestico attuale. Altre sottospecie che si sono ibridate con il Lybica erano originarie dell'Europa (Sylvestris Sylvestris) e dell'oriente (Sylvestris Ornata).

In oriente sembra che si sia sviluppato un centro secondario di addomesticamento. In Turchia e Israele sono stati trovati resti risalenti al VI e V millennio a.c.  Inoltre a Cipro, recentemente, altri ritrovamenti di scheletri di gatti in un contesto domestico, risalenti al 6000 a.C., ruberebbero il primato agli Egizi.

Il gatto di colore nero probabilmente ha origine nel Mediterraneo orientale e risale al quinto secolo a.c. (o 500 a.C.) poi si è diffuso nell'Europa occidentale.

La patria di origine del nostro comune gatto europeo, comunque, è più verosimilmente il nord Africa per la forte somiglianza con il Lybica e gli Egiziani furono uno dei primi popoli ad averlo addomesticato.
Il nostro amato felino, quindi ha fatto la sua comparsa sulla terra milioni di anni prima di noi e quando apparve il primo uomo, il processo evolutivo del gatto era già completato. Che sia per questo che a volte ci osservano con quell'aria di superiorità che ci fa impazzire?


Il gatto simbolo di amore e fertilità

Come simbolo di amore e fertilità e' la gatta a essere stata presa come esempio in varie culture. Essa, infatti, oltre a essere molto prolifica, è il mammifero che dimostra il maggior attaccamento alla prole. Le gatte sono disposte a sacrificare la vita pur di salvare i loro cuccioli. Ci sono tantissime testimonianze in merito, ad esempio gatte che entrano ed escono in edifici in fiamme per portare fuori uno alla volta i loro piccoli.


Il gatto ha diverse caratteristiche che richiamano quelle di un bambino: la dimensione, il miagolio (simile al vagito), gli occhi grandi, il muso tondeggiante e il suo carattere giocherellone. Tra proprietaria e gatto si instaura un rapporto molto simile a quello tra gatta e cuccioli. A parte i primati, il gatto e l'uomo sono i più vicini dal punto di vista genetico. (Engels)

La gatta e il gatto, inoltre sono animali che amano la notte e si muovono con eleganza e armonia di movimento "femminili".

Non è difficile quindi capire il perchè la gatta sia stata associata fin dall'antichità alle dee della fertilità e dell'amore. La troviamo nell'Antico Egitto come raffigurazione della dea Bastet o della dea Iside, In Grecia come Artemide e presso i Romani come Diana. Inoltre è presente nella mitologia nordica come Freja e in India come dea vedica Sashti.

La dea Iside venne associata a Bastet e alla gatta durante il periodo ellenistico (332-30 a.c.) e fu tramite Iside che il folclore del felino si trasmise all'Europa occidentale in epoca ellenistica e poi romana. Iside è dea come Artemide, Diana e Freja ma, anziché essere vergine, è sposa e madre: è moglie di Osiride e madre di Horus.

Questo spiega la straordinaria popolarità che riscosse durante l'impero romano e che perdurò per molto tempo in tutta Europa, soprattutto tra le donne. C'erano tantissimi templi a lei dedicati. A Bologna, per esempio, una delle bellissime chiese di S. Stefano sorgeva sopra un tempio di Iside e ci sono tantissimi affreschi, mosaici, iscrizioni, ecc... a testimonianza. Le donne la invocavano per aiutarle nel parto o nella malattia dei loro figli (la mortalità da parto e quella infantile erano altissime) inoltre per favorire l'amore e il matrimonio.

Purtroppo per i gatti, e per le donne, fu questa associazione gatto/Iside la principale causa della loro persecuzione durante il Medioevo. L'Egitto ha avuto, quindi, involontariamente, un ruolo importante nella storia religiosa occidentale.

Artemide e Diana, dirette emanazioni di Iside come anche Freja erano dee cacciatrici ma nello stesso tempo protettrici di tutti gli animali e soprattutto dei cuccioli (qui ritorna la regola comportamentale dei primitivi, accennata nell'introduzione, di cacciare solo animali adulti e per necessità).

Iside (e le altre) è la dea della luna, della notte e del cielo stellato ma anche della fertilità. Il gatto per le sue pupille che variano ricordando le fasi lunari venne spesso associato al nostro satellite. Le popolazioni europee furono probabilmente molto ricettive del culto di Iside per il substrato culturale creato dai miti celtici. Per i Celti infatti il simbolismo animale era molto importante e i gatti venivano sacrificati per assicurare la fortuna o la fertilità. (Engels)

Nella mitologia nordica Freya, la dea del sole, dell'amore, della fertilità, viaggiava su un carro di fuoco trainato da due gatti. I contadini per avere la benedizione di Freya mettevano per i gatti randagi ciotole con del latte. Era anche la dea degli innamorati: Freya era la compagna di Odino. Friday (venerdì) è il giorno di Freya ed era il giorno più propizio per i matrimoni. La presenza dei gatti alle nozze era considerata di buon auspicio (Hausmann)

Nella cultura indiana il gatto bianco è associato alla luna chiara e la gatta nera alla luna scura. Gli esseri notturni bianchi e neri sono simboli dell'equilibrio cosmico. Come in Egitto anche nella cultura vedica gli animali sono associati a delle divinità. Gli dei si trasformano in animali o hanno parti del corpo di animali (la testa) oppure utilizzano gli animali sacri come mezzi di trasporto. La Grande Dea o Madre Divina, Bhavati Kali sposa di Shiva, o Sasthi, ama spesso cavalcare un gatto. La dea viene rappresentata con in braccio il figlio Krisna e per mano un altro bimbo e i suoi piedi posano su un gatto in atteggiamento docile e domestico. La dea dona felicità e fecondità agli uomini e ne protegge i figli. Il parallelismo con Iside in primo luogo ma anche con la nostra Madonna è notevole.
(tratto da http://www.anfitalia.it)
(immagine tratta dal sito http://www.gattoamico.it)


Il gatto simbolo di libertà

Il gatto ha simboleggiato i valori di libertà, indipendenza e autonomia per la sua mancanza di sottomissione all'uomo. Questi valori erano molto apprezzati dai greci e sembra che furono proprio loro a coniare il concetto di libertà. Anche per i romani era associato simbolicamente alla libertà anche se essi apprezzavano maggiormente i valori rappresentati dal cane, cioè lealtà e fedeltà. I romani avevano un forte senso del dovere e degli obblighi assunti e anche il significato di libertas era da intendersi in senso più restrittivo rispetto all'accezione greca. (Engels).

C'è comunque una bellissima testimonianza che voglio riportarvi:

Nel 10 avanti Cristo l'imperatore romano Ottaviano Augusto mentre detta ai suoi liberti le sue memorie parla della sua gatta e dice" La mia gatta dal pelo lungo e dagli occhi gialli, la più intima amica della mia vecchiaia, il cui amore per me sgombro da pensieri possessivi, che non accetta obblighi più del dovuto............ mia pari così come pari agli dei, non mi teme e non se la prende con me, non mi chiede più di quello che sono felice di dare........Com'e' delicata e raffinata la sua bellezza, com'e' nobile e indipendente il suo spirito; come straordinaria la sua abilità di combinare la libertà con una dipendenza restrittiva. (http://www.fiafonline.it/gatto/gatto_nella_storia.asp)


Le antiche stamperie utilizzavano un marchio con un simbolo con cui timbravano le opere in segno di qualità. L'antica stamperia veneziana Sessa usava l'immagine di un gatto tigrato con in bocca un topo. Il significato era duplice. Il gatto come protettore dei magazzini di carta e come simbolo di libertà per protestare contro l'attività della censura.

Il gatto come simbolo di libertà e di coraggio lo ritroviamo anche utilizzato nell'araldica europea. Il Clan scozzese dei Chattan aveva sul proprio blasone una gigantesca montagna di gatti. Anche attualmente il Clan detto "Clan of the cats" ha come insegna un gatto e il motto è: "Touch not the cat bot a glove" (non toccare il gatto senza un guanto). Il gatto compariva anche nelle insegne di famiglie inglesi e per gli antichi svevi era simbolo di libertà e di opposizione a qualunque forma di cattività. (Bluhm).

In generale il simbolo del gatto in araldica vuole rappresentare l'uomo saggio, accorto e indipendente. Nell'araldica italiana è spesso utilizzato come rappresentazione diretta dello stesso cognome (famiglia Gatto o Gatti).

La gatta fu utilizzata come simbolo di libertà anche durante la Rivoluzione francese. C'è al museo del Louvre un'incisione in rame del 1793 di Jacques-Louis intitolata Constitution francaise in cui è rappresentata una donna con un giogo rovesciato e una catena spezzata e ai suoi piedi c'è una gatta in atteggiamento domestico (la coda è  appoggiata sulle zampe anteriori). (Bluhm).

(immagine tratta dal sito http://eddiemac.splinder.com/)


Il gatto come modello di vita

Le posture, il movimento e più in generale Il comportamento del gatto sono stati osservati spesso nel corso dei secoli. Del resto chi ama questo animale sa quanto è delizioso fermarsi ad osservarlo. Gli Egizi nel tempio della citta di Bubastis osservavano i gatti per trarne auspici ma probabilmente sono stati i giapponesi che l'hanno maggiormente considerato come modello da imitare.

Nello Zen, a volte, l'arte dello Zazen, ovvero della meditazione seduta, viene insegnata dai gatti sacri dei templi (ovviamente prendendoli a esempio). E' la capacità di meditare camminando e la prontezza di riflessi non sono meno importanti della postura di riflessione. Il gatto sacro, come simbolo, è sveglio e pronto a tutto. Comunque, se il gatto compie qualcosa nello spirito zen è proprio il fatto che, consapevolmente, non porta a compimento nulla. Il conseguimento non fa parte del suo mondo: il gatto semplicemente è. (G. e L. Hausman, Il mio gatto è un mito, p. 112)


I seguaci dello yoga apprezzavano la posizione del gatto dormiente (accovacciato su se stesso), ideale per la regolazione del fluido vitale.

Dal VI secolo il gatto fu introdotto in Giappone dove divenne abitudine tenere due gatti in ogni tempio per proteggere le derrate alimentari e i manoscritti dai topi. Secondo una leggenda L'imperatore Idi-Jo, amante dei gatti, ordinò ai cortigiani di vezzeggiare e curare questi animali come se fossero personalità regali. Vera o no la leggenda, i giapponesi in generale nutrono un grande rispetto per questi animali. Lo dimostra il posto di rilievo che hanno avuto nell'arte fin dai tempi antichi. Uno dei massimi esponenti dell'arte ispirata ai felini è il pittore Hokusai dell'800.

Le civiltà antiche egizie, greche e romane amavano nel gatto l'attitudine alla pulizia e la considerarono un esempio da seguire. Il culto di Iside imponeva agli iniziati frequenti bagni rituali per la purificazione del corpo e dell'anima.

Gli arabi già dal VII secolo consideravano il gatto un'anima pura, già prima dell'avvento dell'Islam adoravano il Gatto d'oro. Maometto, poi, amava i gatti, vedi la leggenda di Muezza. Nell'Islam i gatti, a differenza dei cani, avevano libero accesso alle moschee, perchè erano considerati animali incontaminati e perchè uccidevano i topi.

Il loro modo di lavarsi era percepito come una sorta di lavaggio rituale e quindi la loro presenza non poteva essere fonte di impurità per i fedeli intenti a pregare. "L'amore per i gatti è parte della fede" dice una celebre massima. E dai turchi deriva la convinzione religiosa che "è più salda la fede di chi ama i gatti". (Detlef Bluhm, Impronte di gatto, pp. 41-42) 

Durante il Medioevo nell'Europa occidentale ci fu un crollo del concetto di igiene e pulizia che contribuì a fomentare l'odio per i gatti. Solo nell'800, grazie al progredire della scienza medica, questi sani principi vennero rivalutati. Louis Paster proponeva proprio il gatto come modello per l'umanità che desiderasse evitare le malattie. (vedi Le superstizioni sui gatti neri).
(immagine tratta dal sito http://3quarksdaily.blogs.com/3quarksdaily/)


Il gatto porta fortuna

Gli antichi egizi furono i primi che diedero ai gatti (in particolare a quelli di colore nero) il ruolo di porta fortuna. Essi infatti sperimentarono che le famiglie che tenevano gatti in casa disponevano di una maggiore quantità di cibo, contraevano meno malattie e sopportavano meno decessi rispetto alle famiglie senza gatto. Il modo accurato di pulirsi del gatto era ben visto dagli Egizi e la sua abilità nell'uccidere topi, ratti, scorpioni e serpenti era considerato un autentico colpo di fortuna. Un altro vantaggio dei gatti era che non si cibavano di cereali che, invece, era la dieta pressoché esclusiva degli Egizi. (Engels)

Gli Egizi e i Celti credevano che il gatto incarnasse la divinità e questi culti sopravvissero anche in pieno Medioevo tra i contadini in Europa, meno toccati dalle persecuzioni. Soprattutto nel folclore del Galles e della Cornovaglia ci sono leggende e proverbi sui gatti e sui gatti neri in particolare visti in senso positivo. I gatti erano inoltre considerati propiziatori di fortuna se venivano, purtroppo, sacrificati. L'origine di questi miti è celtica e il sacrificio serviva per avere un buon raccolto (i gatti simboli di fertilità). In Spagna, Francia e Inghilterra durante il Medioevo venivano murati dei gatti nelle pareti delle case o nei pavimenti, come porta fortuna. Seppellire i gatti sotto i pavimenti era un'antica magia celtica. Si spera non fossero vivi ma non è da escludere, dato l'alto valore attribuito alla vita, in generale, nel corso del Medioevo. (Engels)

Nell'Islam tenere in casa un gatto è considerato meritorio e soccorrere un gatto bisognoso è un gesto apprezzato da Allah. Fare, invece, soffrire un gatto può portarti all'inferno.

In Turchia si ritiene che il gatto dei desideri, quello cioè capace di realizzare i desideri che gli vengono espressi esista. La leggenda dice che per veder esaudito un proprio desiderio si debba trovare un tale gatto e convincerlo ad accoccolarcisi in grembo. Quindi bisognerebbe sussurrargli all'orecchio il desiderio e poi offrirgli molte leccornie e coccole. A questo punto, se il gatto avrà dimostrato di gradire le nostre offerte il desiderio si realizzerà. Questo può succedere ovviamente solo se il gatto è davvero un gatto dei desideri. Purtroppo è impossibile sapere se un gatto abbia davvero questi poteri poiché è ritenuto un atto foriero di cattiva sorte rivelare che un micio abbia realizzato un desiderio.  (tratto dal sito http://people.initd.org/woo/HsH/leggende.php)

La tradizione orale del gatto porta fortuna è diffusa in Russia, Sicilia, Africa, India, Arabia, Spagna, Inghilterra, Francia e America. Troviamo nella Francia meridionale e anche in Inghilterra la leggenda del Matagot (vedi Il gatto  nero porta fortuna) e tra le razze attuali abbiamo il Korat, gatto di origine thailandese: il suo nome letteralmente significa buona fortuna. Sembra che l'origine del mito del gatto porta fortuna sia legato alla sua capacità di sopravvivenza e quindi anche alle sue famose sette o nove vite.

Nel Galles ottocentesco si pensava che i gatti fossero dotati di poteri magici e quindi a trattarli bene avrebbero garantito molti privilegi. Non possedere un gatto era considerato fonte di sfortuna.

I gatti guariscono, quale miglior fortuna di questa, (vedi ESP) e la dea Iside era dotata di poteri di guarigione e di rigenerazione (ridiede addirittura la vita al marito Osiride). Inoltre, sono attualmente sempre più utilizzati nella pet therapy. Gli antichi c'erano già arrivati:

Nell'antica Inghilterra, accarezzare un gatto era un gesto terapeutico, un tocco di classe, un soffio di immortalità.
(G. e L. Hausman, Il mio gatto è un mito, p. 130)

In Scozia si crede ancora che i gatti possano guarire dalla cecità e la cura tradizionale giapponese per i crampi allo stomaco era un gatto caldo (Hausman)

Naturalmente fare del male a un gatto non porta fortuna. In Calabria affermavano che chi uccideva un gatto sarebbe stato costretto a vagare per il mondo per sette lunghi anni.  Analogamente in Sicilia si dice che chi uccide un gatto subirà sventure per sette anni. (Cattabiani).

Quindi, ATTENZIONE!

D'altra parte non è forse vero che FELIS è molto simile a FELIX che in latino significa felice o fortunato.


Il gatto nero porta fortuna

Fortunatamente la credenza che il gatto nero porti sfortuna non è diffusa in tutto il mondo, come ho già accennato, parlando dell'Inghilterra, nella parte: le superstizioni sui gatti neri. Prima di approfondire l'argomento voglio soffermarmi sul significato del colore nero con le sue molteplici sfaccettature. nero ha una duplice valenza. E' visto nella mentalità occidentale in maniera sostanzialmente negativa in quanto legato al buio delle tenebre, alla morte, all'ignoto. Molti personaggi negativi dei film sono vestiti di nero: i cattivi dei western, Dracula, Dart Fener, ecc... In altre culture, invece, il nero ha valenze positive. E' il colore del vuoto primordiale, del principio, dell'assoluto che racchiude le potenzialità che precedono la creazione del mondo.

Il nero è un non colore in quanto rappresenta l'assenza di ogni colore e l'assenza di luce ma anche la somma di tutti i colori e quindi è molto simile al suo opposto, cioè il bianco. (Surace).

Per le popolazioni classiche, egizi, greci e romani, il nero era visto positivamente perchè era semplicemente il colore della notte con la Luna e le stelle. Era il colore preferito di Iside e di conseguenza il gatto nero era il più sacro per gli egiziani e per i devoti di Iside. Iside, inoltre, era la dea della buona sorte e della fortuna.

Il colore nero era sacro a Iside, che portava appunto un mantello nero, ed è pertanto probabile che il gatto di quel colore fosse visto come una divina incarnazione di Iside, Artemide o Diana. In tutta l'Europa continentale era considerato il più sacro - e il più demoniaco dalla Chiesa. (Donald Engels, Storia del gatto, p. 251)

Il nero è anche il colore del limo portatore di fertilità e rinnovamento, quindi diventava simbolo di rinascita e rigenerazione. Il nero era collegato alla morte anche per gli egiziani ma in senso positivo infatti era il colore dell'aldilà, dove il defunto subiva le prove e le trasformazioni che gli avrebbero conferito la vita eterna. Osiride signore dell'Oltretomba era chiamato anche "il Nero".

Il nero può essere visto anche da un altro punto di vista. Indossato esso assicura una certa inaccessibilità, una sorta di barriera che protegge l'anima. (Surace). Secondo miti celtici è il colore usato dalle streghe per la sua capacità di ostacolare e annullare il maligno e di assorbire e neutralizzare energie negative (tratto dal sito http://www.deaisis.com).

Occorre fare poi una distinzione fra il nero opaco che è associato spesso a sensazioni negative (ad esempio il colore del lutto è opaco) e il nero lucido. Quest'ultimo ci trasmette sensazioni positive: è brillante, elegante, sensuale. Possiamo sicuramente affermare che il gatto nero appartiene a quest'ultima categoria, infatti, se in buona salute, ha un pelo lucidissimo che riflette la luce.

Il Galles e la Cornovaglia in Gran Bretagna sono le zone in cui il gatto di colore nero è particolarmente amato. Il gatto nero è considerato fonte di fortuna in generale ed è anche di buon auspicio per i matrimoni. Ci sono tanti detti e credenze, risalenti perlopiù al Galles ottocentesco, che lo testimoniano:

Bacia il gatto nero
E ti farà grasso;
Bacia il gatto bianco
E ti farà magro. 

(Donald Engels, Storia del gatto, p. 252)

Qui addirittura è il gatto bianco con il suo aspetto spettrale a portare iella. Per una volta...

E' segno di buona fortuna se un gatto nero ed estraneo entra in casa di chicchessia.
Se un gatto nero viene perduto, mille guai capiteranno alla famiglia.

(Donald Engels, Storia del gatto, p. 252)

E' buona cosa che un gatto nero entri in casa tua: per nessuna ragione deve essere scacciato.

(Donald Engels, Storia del gatto, p. 252)

Quando il gatto di casa è nero
la ragazza senza amore non resterà davvero

(Donald Engels, Storia del gatto, p. 249)
 
Non c'è da meravigliarsi se le ragazze di York si maritano così presto,
tutti sanno che cosa può fare un buon gatto nero

(Donald Engels, Storia del gatto, p. 249)

Originaria del sud della Francia, ma diffusa anche in Inghilterra, è l'antica leggenda del Matagot. Il Matagot è uno spirito che prendeva la forma di un gatto randagio di colore nero e che vagava in cerca di padrone. Questo gatto poteva portare tanta fortuna ma bisognava trattarlo molto bene. La leggenda diceva che per propiziarselo bisognava offrirgli del pollo arrosto e poi farlo entrare in casa. Se il Matagot riceveva il primo boccone di cibo proveniente dalla stesso piatto del padrone ad ogni pasto, avrebbe fatto apparire delle monete d'oro ogni mattina.

In Irlanda, patria di tantissime leggende, il gatto nero è associato alla magia e al ceppo di Natale.

In Irlanda il gatto nero domestico risaliva ai miti del ceppo di Natale. Questo legno proveniva dall'albero sacro di tasso ed era molto più che un mezzo per scaldarsi le ossa; evocava le dee che un tempo regnavano nel bosco magico, insieme al gatto nero, il loro benevolo parente. Quando quel legno bruciava, veniva chiamato "legno di Maria", oltre che "legno allegro"; un'allusione alla vergine Maria, ma anche alla Madre Terra. Eroi, amanti, mendicanti e folli conoscevano il significato del legno, e così pure i medici della foresta e gli erboristi (prima donne, poi uomini) che svolgevano la loro attività mistica a tarda notte, per risanare coloro che la medicina ufficiale non riusciva a guarire.
(G. e L. Hausman, Il mio gatto è un mito, p. 71)

Nell'antica Roma il gatto nero era considerato di buon auspicio: quando moriva veniva cremato e le sue ceneri sparse sui campi per dare un buon raccolto ed eliminare le erbe infestanti.

Dall'antica Arausio, colonia romana fondata nel primo secolo a.C., corrispondente all'odierna Orange, situata nella Francia meridionale, proveniva un ... mosaico, oggi perduto, recante a destra un gatto nero accoccolato che volgeva il muso verso lo spettatore, con un topo in bocca. Il mosaico, datato al primo impero in base a considerazioni di carattere stilistico, è la più antica raffigurazione di un gatto nero. Può darsi che l'immagine avesse un significato apotropaico, che fosse cioè volta a tenere alla larga i roditori, come pure il male e la sfortuna, dalla famiglia. In tal caso, si tratterebbe del primissimo impiego noto del gatto nero come simbolo di "buona sorte". (Donald Engels, Storia del gatto, p. 155)

Gli eserciti romani utilizzavano spesso il gatto come simbolo nelle insegne militari probabilmente come portafortuna e portavano con loro i gatti negli accampamenti per protegge i viveri ma anche le corde degli archi o i manufatti di cuoio, dai roditori. Tanti resti di felini sono stati trovati in siti militari romani.

Dai fenici in poi, i gatti sono stati una presenza immancabile sulle navi. A bordo delle navi i gatti, prevalentemente neri, erano bene accolti in tutta Europa non solo per dare la caccia ai topi nella stiva ma anche come portatori di buona sorte. Iside, infatti, era anche la dea protettrice di navi e marinai e spesso le sue immagini, in forma umana o felina, venivano messe a prua.

Iside Pelagia,... aveva intrapreso un viaggio alla volta di Byblos, per trovare i pezzi del suo sposo ucciso da Seth e, mentre cercava suo figlio Horus, aveva inventato la vela. Nel simbolismo della sua religione, tutti percorrevano il mare della vita e speravano di tornare sani e salvi, dopo aver fatto tappa in molti porti, fino quello conclusivo del riposo, simboleggiato da Alessandria e dal suo grande Faro. ... la corona che porta in capo è un faro, a indicare che era il fuoco di segnalazione e la meta di tutti coloro che intraprendevano il proprio viaggio nel mare della vita.
Le navi a vela del mondo romano portavano spesso il nome di Iside. (Donald Engels, Storia del gatto, pp. 192,193)

Il gatto era considerato dai marinai lo spirito guardiano del vascello: se rimaneva a bordo, la nave era sicura; se l'abbandonava essa era destinata al naufragio. In Gran Bretagna la tradizione popolare è piena di storie su marinai che hanno rifiutato l'imbarco perchè non c'era un gatto (meglio se nero) sull'imbarcazione. I gatti svolgevano anche un'altra funzione molto importante: erano fonte di affetto e di divertimento per i lunghi mesi trascorsi a bordo.

La presenza a bordo di gatti fu obbligatoria nella marina britannica fino al 1975. Le navi britanniche accoglievano soprattutto gatti neri come risulta da molte fotografie e dalla diffusione dei gatti di quel colore in terre remote che fungevano da stazioni baleniere. Il famoso ammiraglio inglese Horatio Nelson, quello della battaglia di Trafalgar, è stato protagonista di una straordinaria storia di salvataggio di una gatta:

Poco prima dell'ultima campagna, nei pressi della costa francese, la sua nave incappò in una tempesta e finì sugli scogli. Molti membri dell'equipaggio caddero fuori bordo e l'imbarcazione era sul punto di sfasciarsi. Il mattino seguente arrivò in soccorso una fregata che prese a bordo i sopravvissuti. Come si addice a un capitano, Nelson lasciò per ultimo la nave, e subito dopo, visibilmente agitato, chiese: "Manca qualcuno?" "Vostra eccellenza, non c'è la gatta", gli rispose un ufficiale. Allora Nelson tornò sulla nave che minacciava di affondare, trovò la gatta nella sala del timone e la portò al sicuro. (Bluhm Detlef, Impronte di gatto, p. 254).

Anche le compagnie di assicurazione obbligavano a tenere a bordo gatti:

"E' indiscutibile che durante i lunghi viaggi per mare, i gatti erano necessari per combattere i ratti. Nel XV secolo, i Costumes de la mer prevedevano che l'armatore ricevesse il risarcimento delle merci danneggiate dai topi solo a condizione che a bordo ci fossero dei gatti. L'assicurazione avrebbe risarcito comunque i danni nel caso i gatti fossero morti durante la traversata." Disposizioni simili si trovano anche nella seconda metà del XVII secolo. (Bluhm Detlef, Impronte di gatto, p.246)

La gatta nera da nave più famosa fu quella che accompagnò Robert Falcon Scott nella sfortunata spedizione al Polo Sud del 1912. Fu il primo micio a mettere piede in Antartide ma purtroppo scomparve durante una tempesta. In seguito a questo episodio tutti i membri della spedizione morirono uno a uno nel corso dell'interminabile tragitto a piedi verso il Polo Sud. I superstiziosi, naturalmente, attribuirono alla morte prematura della gatta l'esito sfortunato di quell'impresa. (Engels)

I gatti navigatori oltre che su navi da guerra, da carico e da passeggeri sono molto apprezzati anche sui pescherecci. A questo proposito i pescatori giapponesi vogliono a bordo solo gatti tutti neri o tutti bianchi o tutti marroni perchè si dice che portino fortuna.

Sarebbero dotati di poteri magici che tengono lontano il maltempo e proteggono la nave dalle anime dei naufraghi che vagano sulla schiuma delle onde. Ancora nel XX secolo, i capitani e gli armatori erano disposti a pagare quasi ogni prezzo pur di avere un gatto di quei colori. (Bluhm Detlef, Impronte di gatto, p. 257).

La professione del gatto navigatore oggi non esiste più per più cause: le navi d'acciaio (anziché di legno), l'uso di mezzi chimici per eliminare i topi e l'utilizzo dei container per immagazzinare le merci. Sono sicura però che ai marinai dispiaccia non avere più la sua compagnia a bordo. Questa è una notizia diffusa il 18/11/1981 dall'agenzia di stampa Deutsche Presse Agentur:

"Charlie, l'ultimo gatto ufficialmente registrato dalla marina britannica, è stato seppellito con tutti gli onori militari. La nave da guerra HMS Pembroke nel porto di Chatham ha abbassato le bandiere a mezz'asta e un membro dell'equipaggio ha celebrato una cerimonia funebre. Il gatto aveva un regolare passaporto e il ministero della Difesa lo pagava con vitto e alloggio. Domenica Charlie è stato investito. Tutta la Royal Navy è in lutto." (Bluhm Detlef, Impronte di gatto, p. 256).

I gatti neri erano considerati più efficaci, rispetto agli altri gatti, nel trattamento delle malattie e per proteggere dalle affezioni tutta la famiglia (Engels). Una notizia sensazionale è apparsa nel marzo del 2003:

I gatti neri vengono "riabilitati": se in passato erano ritenuti portatori di sfortuna oggi potrebbero aiutare la ricerca medica, è quanto afferma uno studio pubblicato. [sulla rivista Science ] Un'équipe di ricercatori dell'Istituto Nazionale per i Tumori del Maryland ha studiato le mutazioni genetiche che conferiscono il mantello nero a diverse specie di gatti. Alcune di queste mutazioni si trovano nei geni che, negli umani, sono legati a malattie come l'Aids. Il dottor Stephen O'Brien, Eduardo Eizirik e gli altri ricercatori hanno studiato il Dna dei felini neri non per pura curiosità ma perché convinti che spesso questi geni conferiscono all'animale maggiori protezioni contro le malattie. Altrimenti, spiegano gli scienziati, un'animale con una colorazione insolita rispetto alla sua specie non sopravviverebbe. Intervistato telefonicamente O'Brien ha spiegato: "Riuscendo a capire come facciano specie selvatiche a sviluppare una maggiore resistenza genetica alle malattie, potremmo scoprire delle nuove difese genetiche contro le malattie a favore della specie umana." Il team ha notato che un gene chiamato MC1R se presente nel DNA dei giaguari conferisce loro la colorazione nera. Se invece lo stesso gene è nel DNA di un uomo a volte dà una capigliatura rossa. Si trova in un gruppo di geni che potrebbero aver conferito ai felini una maggiore resistenza alle patologie che attaccano il sistema immunitario come l'Aids. La colorazione nera secondo gli scienziati potrebbe essere solo un aspetto secondario di questa mutazione. Il passo successivo delle ricerche consisterà nell'individuare qualunque possibile vantaggio possano offrire questi tipi di mutazioni. Secondo O'Brien questo getta una nuova luce su animali che in passato sono stati addirittura torturati da persone che li consideravano "creature demoniache".
(articolo tratto dal sito http://digilander.libero.it/canilefrapiero/)
Superstiziosi di tutto il mondo SVEGLIATEVI: il gatto nero potrebbe addirittura SALVARVI LA VITA!