Chi vive con i gatti è costretto, prima o poi, a constatare la caducità della vita, a confrontarsi con la malattia e la morte, perchè noi viviamo molto più a lungo dei nostri piccoli coinquilini...

... Nonostante i gatti muoiano prima di noi, si può dire tranquillamente che vivano di più. lo ha fatto notare Ulrich Klever nel Knaur Grosses Katzenbuch ("Il grande libro dei gatti") in cui ha definito "invidiabile" il corso della loro vita. Perchè mentre gli uomini hanno bisogno di un terzo della loro esistenza per diventare adulti, nel secondo terzo sono adulti e nell'ultimo terzo inevitabilmente invecchiano, il gatto ha bisogno solo di un decimo per la prima tappa e di un decimo per l'ultima; nei restanti otto decimi è adulto e nel pieno delle forze.

(Detlef Bluhm - Impronte di gatto pp. 310, 311)


Ho potuto tenerle ancora un poco di compagnia l'ultima sera, rientrando a casa. Mi sono seduto un attimo sul letto, accanto a lei, tenendole la zampa in una mano, carezzandola piano piano con l'altra, parlandole. S'aggrappava con le unghie alla mia mano per trattenermi più a lungo, trovava ancora la forza di fare le fusa per esprimere la sua contentezza di vedermi lì accanto a sé, noi due che, ormai da dieci anni, eravamo così buoni amici. Verso la mezzanotte tutto era finito per questo piccolo essere. Non è cosa da poco la perdita d'una compagnia che durava da dieci anni. In casa rimane un gran vuoto. Non ci si abitua subito.

(Paul Léautaud)


E' difficile da immaginare, ma anche gli animali domestici degli ebrei finirono nel meccanismo distruttivo dell'Olocausto....

...Il 15 maggio 1942 ... [il settimanale Judische Nachrichtenblatt - l'unico organo di stampa ebraico rimasto] pubblicò una disposizione dal titolo Mantenimento degli animali domestici. Vi si leggeva:

" 1. Agli ebrei... e ai loro conviventi è proibito, con effetto immediato, il possesso di animali domestici.
2. Gli ebrei che alla pubblicazione di questa ordinanza possiedono animali domestici devono comunicare per iscritto [...] che animali possiedono.
3. Il proprietario degli animali, per la consegna degli stessi si dovrà recare presso la Comunità ebraica responsabile [...]
4. Chi non rispettasse queste disposizioni sarà sottoposto a misure di polizia [...]"

Nel diario Testimoniare fino all'ultimo, il grande direttore d'orchestra Victor Klemperer racconta dettagliatamente come lui, sua moglie e il loro gatto Muschel furono colpiti da quella ordinanza. Dalle sue annotazioni risulta chiaro quale destino attendesse gli animali. I passi del diario che qui riportiamo non hanno bisogno di nessun commento:

" 15 maggio 1942, venerdì, verso sera.

La signora Ida Kreidl, che ho incontrato andando a fare la spesa, ha raccontato del nuovo provvedimento, poi ce l'ha dato da leggere sul bollettino della comunità ebraica: agli ebrei che portano la stella e a chiunque abiti con loro è vietato con effetto immediato tenere animali in casa (cani, gatti, uccelli) come anche darli in custodia ad altri. Questa è una condanna per Muschel che abbiamo da più di undici anni e al quale Eva è molto affezionata. Domani bisognerà portarlo dal veterinario, così gli risparmieremo la paura di quelli che lo vengono a prendere e l'uccisione di massa. Che crudeltà vile e meschina contro i pochi ebrei rimasti. Mi sento amareggiato per Eva. Ci siamo detti tante volte: la coda alta del gatto è la nostra bandiera, non l'ammainiamo, teniamo alta la testa, ci portiamo l'animale oltre il guado e per la festa della vittoria Muschel riceverà una <festa di Kamm'> (il migliore macellaio della zona per la carne di vitello). Mi rende quasi superstizioso il fatto che la bandiera ora cada. L'animale, benché abbia superato gli undici anni, negli ultimi tempi era particolarmente gaio e giovanile. Per Eva è sempre stato un sostegno e una consolazione. Ora le sue difese si abbasseranno rispetto a prima.

18 maggio, lunedì mattina.

La fine prossima di Muschel grava su di noi, vorrei che avessimo già superato l'evento... E la fine del gatto è soltanto un trauma particolarmente grave tra le numerose tribolazioni a cui dobbiamo soggiacere ogni giorno. Se solo la questione del gatto fosse chiusa! Qualcuno potrebbe trovare ridicolo o immorale, ora che tanta gente soffre per i propri cari. Ma io vedo come questa cosa sta rovinando Eva. Muschel viene coccolato, il suo pasto del condannato è stato a base di carne di vitello, come in tempo di pace - sono crudele se annoto in segreto: 450 grammi, quando la razione per due persone è di 600 grammi alla settimana? Sono crudele se mi auguro che passino queste giornate del morituro? Lui gioca e si diverte e non sa che domani morirà - C'è forse qualcuno di noi che sa: quelli domani muoiono? Non posso che ripetermi in continuazione: confusione di sentimenti per il gatto. Compassione in primo luogo per Eva, in secondo luogo per me, in terzo luogo per Muschel. Qualche volta in primo luogo per me. Ma è giustificata la replica di Eva: "Tu continui ad avere il tuo lavoro, la tua produzione, a me hanno portato via tutto". E sarei forse contento se avessi una moglie umile a cui bastasse la cucina e il gioco del bridge? E ho il diritto di essere geloso per questo grande amore per gli animali? E per me è forse piacevole l'idea di far avvelenare questo animale sano e allegro?

19 maggio, martedì verso sera.

Muschel V. Già la settimana scorsa Eva era andata a informarsi. In Grunaer strasse qualcuno ha ritirato lo studio del dottor Gross, che ha castrato il nostro gatto e che ha ucciso Nickelchen, e che lo scorso anno, all'età di 50 anni, non di più, è morto per un infarto. Siamo stati in dubbio per diversi giorni. Oggi è giunta notizia che sta per arrivare l'ordine di consegna della Comunità, e che avendolo ricevuto non sarà più possibile disporre personalmente dell'animale. Siamo stati ancora in dubbio fino alle quattro - alle cinque finiva l'orario di ricevimento. A meno che il regime non cada domani avremmo esposto il gatto a una morte orribile, e io stesso mi sarei trovato in serio pericolo (già l'uccisione di oggi comporta per me un certo rischio). Ho lasciato che fosse Eva a decidere. S'è portata via il gatto nella sua scatola ormai tradizionale, lei era presente quando lo hanno ucciso con una veloce anestesia, l'animale non ha sofferto. Ma lei soffre".

(Detlef Bluhm - Impronte di gatto pp. 315, 316, 317)


...molti si fanno beffe di chi soffre per la morte di un animale. Per solito, questi "duri", o che si atteggiano tali, ti guardano con un sorriso di superiorità e di ironia, ti ricordano i bambini del Sahel, invitandoti a occuparti di cose più importanti. D'accordo, la mortalità infantile nel Terzo Mondo è più grave della morte di un gatto, ma si ama veramente solo quello che è con noi, ... e, se ci si pensa bene, non c'è dolore al mondo che non potrebbe, o dovrebbe, venir spiazzato da un dolore più grande.

Mi ricordo, in tal senso, di una buia notte del '45: eravamo sfollati, io e i miei genitori, in un paese prossimo a Marzabotto...Giuditta [la gatta] si era trovata, così, trasferita di colpo da un appartamento confortevole in una casa colonica fredda, ...

Dopo un parto problematico... la povera bestiola cominciò a deperire e si ridusse ben presto al lumicino. Distesa nel suo scatolone, una notte si mise a rantolare debolmente e capimmo che era la fine. Mia madre e io restammo a vegliarla. Sapevamo bene che l'Europa e il mondo erano in fiamme, che milioni di uomini stavano in quel momento agonizzando nelle trincee o nei campi di concentramento. ... Ma quella notte, non mi vergogno a dirlo, il nostro dolore, la nostra angoscia, erano solo per Giuditta, che tossiva sempre più debolmente, e che sfregava la sua zampa contro la mano di mia madre. Nel suo piccolo, aveva pur fatto parte della nostra vita, ci aveva dato, a suo modo, il suo affetto, e ora stava per lasciarci per sempre. ...

Non la vidi morire perchè mi addormentai ed è proprio per questo, io credo, che la piccola amica è passata direttamente nei miei sogni.

...in chi non ama gli animali fiuto un distruttore virtuale, pronto ad abbattere le foreste e a riempire di fosforo il mare. Dubito, inoltre, che faccia qualcosa per i bambini del Sahel: al limite può solo rinfacciarli a una ragazza che piange perchè è scomparso il suo gatto.

(Giorgio Celli - La Vita Segreta dei Gatti)


Il nostro gatto fu rapito in cielo. Le grandi altezze non gli erano mai piaciute, così cercò di affondare gli artigli nella cosa, qualunque fosse - serpente invisibile, mano gigante, o aquila - che lo faceva salire in quel modo, ma non ebbe fortuna.
Quando arrivò in paradiso, trovò un vasto campo. C'erano un sacco di affarini rosa che correvano da tutte le parti, tanto che all'inizio pensò che fossero topi. Poi vide Dio seduto su un albero. Attorno volavano angeli dalle bianche ali frementi; emettevano versi di colombe. Ogni tanto Dio allungava una grande zampa pelosa, ne ghermiva uno e se lo sgranocchiava. Il terreno sotto di lui era coperto di ali strappate.
Il nostro gatto si mosse con grazia verso l'albero.
<Miao> salutò.
<Miao> rispose Dio. In effetti, era più un ruggito.
<Ho sempre pensato che fossi un gatto> disse il nostro gatto, <ma non ne ero sicuro>.
<In paradiso tutto si svela> ribatté Dio. <Questa è la forma che ho scelto per rivelarmi a te>.
<Sono lieto che non sei un cane> continuò il nostro gatto. <Credi che potrei riavere i miei testicoli?>
<Naturalmente> rispose Dio. <Sono là dietro quel cespuglio>.
Il nostro gatto aveva sempre saputo che i suoi testicoli dovevano essere da qualche parte. Un giorno si era svegliato dopo un sogno piuttosto brutto e non li aveva più trovati. Li aveva cercati ovunque - sotto i divani, sotto i letti, dentro gli armadi - e invece erano sempre stati là, in paradiso! Raggiunse il cespuglio ed eccoli. Si riattaccarono subito.
Il nostro gatto era molto contento. <Grazie> disse.
Dio si stava lavando i lunghi baffi eleganti. <De rien> rispose. <Sarebbe possibile aiutarti ad acchiappare qualche angelo?> domandò il nostro gatto.
<Le grandi altezze non ti sono mai piaciute> rispose Dio, stiracchiandosi lungo il ramo, al sole. Avevo dimenticato di dirlo. C'era il sole.
<Vero> ammise il nostro gatto. C'era stato un incidente con un pompiere e una scala che preferiva dimenticare. <Magari qualche topo?>
<Non sono topi> rispose Dio. <Ma prendine pure quanti ne vuoi. Non ucciderli subito. Falli soffrire>.
Vuoi dire giocare con loro?> chiese il nostro gatto. <Mi mettevo sempre nei guai, per questo>.
<E' una questione semantica> disse Dio. <Qui non ti metti nei guai>.
Il nostro gatto decise di ignorare il commento, dato che non sapeva cosa volesse dire "semantica". Non voleva fare brutta figura. <Se non sono topi cosa sono?> chiese. Ne aveva già artigliato uno. Lo tenne giù, sotto la zampa. Scalciava e strillava flebilmente.
<Sono anime di esseri umani che sono stati cattivi sulla terra> spiegò Dio, socchiudendo gli occhi giallo-verdi. <Adesso scusami, è l'ora del mio pisolino>.
<Ma allora cosa ci fanno in paradiso?> chiese il nostro gatto.
<Il nostro paradiso è il loro inferno> rispose Dio. <Mi piace un universo equilibrato>.
(Margaret Atwood "Our cat goes to heaven" tradotto da Serena Daniele)

Il paradiso non sarà mai tale per me se il mio gatto non potrò rincontrare.

(Anonimo - in un cimitero per animali)